IL CONTRIBUTO DI FRANCO
MODIGLIANI ALLA FINANZA AZIENDALE
Ho avuto l’
onore nel 2000 di assistere ad una lezione del Nobel
per l’economia Franco Modigliani. Professore Emerito presso la Sloan School of
Management del Massachusetts Institute of Technology, Modigliani si trovava in
Europa per una serie di conferenze, di impegni professionali, di incontri con
colleghi, allievi e collaboratori in progetti di ricerca. Tra i tanti impegni
che lo hanno occupato Modigliani è stato
particolarmente preso, in Italia, dal programma di incorporazione di Comit in
Banca Intesa, in qualità di membro del Consiglio di Amministrazione di
quest’ultima.
Modigliani è
stato l’ autore dei principali teoremi su cui è fondata la teoria della finanza
di impresa. Modigliani si è occupato di questi temi nel
1958 in collaborazione con Merton Miller che, seppure
qualche anno più tardi, sarà anche
lui insignito del Nobel per l’economia. Ai problemi della finanza aziendale
Modigliani ha, poi, dedicato un interesse limitato nel tempo e, tutto sommato,
si è trattato di un impegno marginale nel quadro della sua complessiva e
vastissima produzione scientifica. E’ stato un impegno breve, ma di un impatto
così straordinario da mettere in discussione e fuori gioco le visioni
convenzionali, fino a quel momento acquisite, sul ruolo della finanza nel
management delle imprese. Due articoli, in particolare, ed i teoremi in essi
illustrati, sono divenuti pietre miliari per chi si occupa di finanza, letture
obbligate per gli studenti di economia aziendale di tutto il mondo. Gli sviluppi
successivi della teoria finanziaria di impresa sono stati molto intensi e
complessi, ma il quadro concettuale e metodologico di riferimento è rimasto, per
tutti, quello innovativamente delineato da Modigliani. A seguito di quel
contributo, si è smesso di ragionare secondo gli schemi allora diffusi ed è nata
quella che, comunemente, viene ora definita la <<Moderna teoria della finanza di
impresa>>.
In effetti,
Modigliani aprì la strada alla teorizzazione sulla creazione del valore nelle
imprese. Indicò, in particolare, quanto possano essere illusorie le misure di
performance parametrate su indicatori di natura strettamente contabile. E’
possibile dimostrare, nell’ambito del quadro concettuale da lui delineato, che
le imprese possono produrre utili contabili e, nel contempo, distruggere valore
societario. Dai suoi teoremi nascono le indicazioni per misurare correttamente
rendimento del capitale investito e costo del capitale raccolto, il cui divario
positivo è la condizione per la creazione del valore di mercato delle imprese.
In particolare, Modigliani dimostrò la debolezza delle ipotesi di chi teorizzava
la creazione di valore attraverso la leva dell’indebitamento e dimostrò come il
valore di mercato non dipenda né dall’utile contabile, né dalla politica dei
dividendi, ma dalla capacità di selezionare investimenti di capitale che rendono
più di quanto costano.
A distanza
di oltre trenta anni, l’orientamento alla creazione del valore è diventato, da
qualche tempo, una frontiera avanzata del management finanziario e su questi
temi stanno creando il proprio successo e la propria fortuna alcune note società
di consulenza americane: in realtà, stanno vendendo, riconfezionate, le idee di
Franco Modigliani.
La
motivazione del premio Nobel, che gli fu assegnato nel 1985, fa riferimento,
principalmente, a due contributi: il modello del ciclo vitale del risparmio ed i
teoremi di finanza. Con l’ “understatement”
che contraddistingue il suo stile, Modigliani riconosce, sorridendo, e con un
pizzico di vanità, di essere “odiato” da generazioni di studenti per la
difficoltà dei teoremi. Ma non manca di ricordare che, in realtà, questi
contributi non erano stati pensati per gli studenti, ma furono scritti con il
preciso intento di dimostrare ai suoi colleghi di finanza aziendale quanto
infondato fosse il loro approccio ai problemi delle decisioni finanziarie di
impresa.
In realtà,
anche la teoria economica più difficile - se è una buona teoria – quando è
capita è senso comune. E questo senso comune finisce per pervadere lentamente e
progressivamente i comportamenti degli operatori che, spesso, agiscono nel
rispetto delle “norme” indicate dalla teoria, senza forse averne la piena
consapevolezza. Sono certo che la lezione di Modigliani aiuterà gli operatori a
comprendere che studiare paradigmi complessi non significa fare astrazioni fini
a se stesse, ma, al contrario, costituisce la via maestra per risalire
all’origine della razionalità dei comportamenti concreti. Ci sono paesi che, in
questi aspetti, sono più avanti del nostro per l’efficienza dei sistemi
finanziari e per le regole di comportamento che riconnettono il governo delle
imprese alle ragioni dei mercati dei capitali. Stiamo recuperando un ritardo
sensibile verso lo sviluppo di una maggiore razionalità nei comportamenti
finanziari. Fino a qualche anno fa, per dimostrare questi concetti agli
studenti, si dovevano fare esempi riferiti ai sistemi finanziari anglosassoni.
Oggi, possiamo fare riferimento a imprese italiane che tutti conoscono. In Fiat,
ad esempio (ma non è certo la sola), il punto di svolta si è avuto nel 1996,
sotto la guida di Paolo Fresco proveniente dalla General Electric, che è un
modello di successo nella creazione del valore per gli azionisti. Nella
relazione al bilancio della Fiat per l’anno 1996 si legge <<…. il Gruppo ha
assunto la “creazione di valore” come criterio di ogni decisione operativa e
come misura dell’andamento dell’azienda >>. Da allora, il nuovo obbiettivo
gestionale della Fiat è stato reso trasparente ai mercati finanziari
esplicitando, anche, il costo del capitale proprio (rendimento minimo da
assicurare agli azionisti) e la conseguente soglia di rendimento minimo
richiesta dal Gruppo per l’accettazione dei progetti aziendali di investimento;
soglia discriminante le scelte che creano valore da quelle che, invece, lo
distruggono.
La capacità
di cogliere, con incredibile anticipo sui tempi, l’irrazionalità di certi
comportamenti economici e la lucidità nell’indicare le correzioni di rotta sono
una costante nel lavoro di Modigliani. Ci sono voluti diciotto anni perché, nel
1993, fosse finalmente ascoltata la sua denuncia dei danni impliciti
nell’accordo del punto unico di scala mobile del 1975, da Modigliani definito
l’anno della follia, dell’autolesionismo, della condanna alla crisi economica.
Nel suo recente libro “Avventure di un economista” ci sono pagine toccanti a
testimonianza della stretta connessione tra lucidità scientifica e tensione
morale e civile che caratterizzò l’impegno suo e di Ezio Tarantelli per
dimostrare i guasti prodotti all’economia italiana dall’unificazione del punto
di contingenza. <<Fu lui (Tarantelli), con me, a lanciare l’idea della
contrattazione sul salario nominale sulla base di un obbietivo di inflazione
programmata …. Il modello di contrattazione indicava alle parti sociali uno
schema per difendere i propri interessi senza uccidere il paese. Chi invece
voleva che rimanessero in piedi tutti i disgraziati istituti salariali, che
stavano destabilizzando il sistema, lo ha assassinato>>.
Con lo
stesso immutato impegno (<<per me il dovere dell’economista è di dire tutta la
verità che risulta dall’analisi scientifica e di dirla in parole semplici>>),
ancora oggi, ad ottantadue anni e con una lucidità impressionante, Modigliani
manifesta, con passione e senza mezzi termini, il suo sconcerto per come
l’Europa possa accettare da tanto tempo livelli di disoccupazione così elevati.
<<L’assuefazione rischia di spingere gli europei a credere naturale una
situazione che non lo è affatto e che è spiegabile in termini di teoria
economica Keynesiana. Sono indignato dall’infamia di una disoccupazione di massa
che non viene affrontata con sufficiente energia. L’inaccettabilità morale di
questa situazione in cui le persone invecchiano senza avere un impiego che le
appaghi individualmente e che contribuisca al benessere collettivo va gridata ad
alta voce. Sono in grado di dimostrare che esiste un modo di rendere la Moneta
unica compatibile con la piena occupazione>>.
La terapia
di Modigliani passa attraverso una rivitalizzazione della domanda aggregata
stimolata da un più coraggioso incremento dell’offerta di moneta in termini
reali. Per ottenere questo risultato, senza che ne derivino pressioni
inflazionistiche, è necessario che il disegno di politica economica europea
venga completato. Nel Trattato di Maastricht non c’è traccia della politica dei
redditi. <<Ma è la politica dei redditi, coordinata a livello europeo, la sola
che rende possibile il raggiungimento della Moneta unica>>. E, per una volta, il riferimento-guida indicato da
Modigliani è il modello italiano di relazioni industriali fondato sull’accordo
tripartito (lavoratori, imprenditori e governo) sulla predeterminazione dei
salari nominali sulla base dell’inflazione programmata.
Nel momento
attuale in cui, nell’Unione Europea, non si conseguono risultati soddisfacenti
né sull’occupazione, né sul valore esterno dell’euro, credo ci siano ulteriori
buoni motivi per ascoltare con rinnovata attenzione la lezione di Franco
Modigliani.
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