IL
BILANCIO
Per
iniziare questo corso di bilancio, appare fondamentale esplicitare
subito cosa è, a cosa serve e come è composto il
bilancio di esercizio, prima ancora di spiegare come esso nasce.
Un'azienda
è una realtà dinamica e in continuo movimento: una
volta avviata, infatti, essa avrà una vita continua e senza
interruzioni fino a quando, per i motivi più diversi, non
cesserà di esistere. Per un'impresa, infatti, oltre all'inizio
e alla fine, non vi sono date praticamente significative. Il fatto
che la vita di un'azienda sia gestita in periodi cosiddetti
amministrativi è il risultato di una convenzione, affinché
si possa effettuare una fotografia dello stato di salute dell'azienda
e in base ad essa prendere le decisioni più consone per
governarla. Tuttavia, mentre si scatta questa fotografia, la realtà
aziendale continuerà a muoversi, vanificando, di fatto, la
suddivisione convenzionale del periodo amministrativo.
La
fotografia di cui stiamo parlando è, ovviamente, il bilancio
di esercizio. Ma qual è esattamente l'oggetto di questa
fotografia?
Con
una prima approssimazione possiamo dire che il bilancio riguarda due
fondamentali "categorie economico-aziendali", quali il
capitale di funzionamento e il capitale di esercizio.
Il
capitale di funzionamento rappresenta l'insieme di elementi -
espressi in unità monetaria detta "moneta di conto"
o "valuta funzionale" - che concernono il patrimonio
dell'impresa. In particolare, il capitale di funzionamento può
suddividersi in tre sottosistemi:
condizioni patrimoniali attive,
ovvero il capitale di funzionamento impiegato nello svolgimento
della gestione (come gli impianti, i fondi liquidi, le scorte di
magazzino e così via);
condizioni
patrimoniali passive,
ovvero tutti quei "sostegni" accordati da terze economie
per un tempo limitato, affinché l'impresa possa dotarsi delle
condizioni patrimoniali attive (come i debiti verso fornitori, i
prestiti erogati da banche e così via);
condizioni patrimoniali nette,
ovvero le condizioni che sono state fornite dai soci o
dall'autofinanziamento al fine di dotarsi delle condizioni
patrimoniali attive (come i versamenti dei soci al capitale sociale,
le riserve di utili e così via).
Queste
tre condizioni patrimoniali sono indissolubilmente unite dalla
seguente relazione duale bilanciante:
condizioni
patrimoniali nette = condizioni patrimoniali attive - condizioni
patrimoniali passive
ovvero,
in un linguaggio più caratteristico dell'accounting:
patrimonio
netto = attività - passività
Per
quanto riguarda il reddito d'esercizio, invece, esso rappresenta la
sintesi dei valori, espressi in moneta di conto, delle condizioni
produttive originate dalla gestione (ad esempio, un tavolo di legno)
contro le condizioni produttive assorbite dalla gestione (ovvero, il
legno, i chiodi, la vernice, la manodopera e quant'altro è
servito per creare quel tavolo di legno).
Queste
due categorie fondamentali (il capitale di funzionamento e il reddito
d'esercizio) non sono distinte e separate. Anzi, il reddito
d'esercizio finirà per diventare parte del patrimonio netto,
sia che esso sia positivo (e allora si avrà un incremento del
patrimonio netto) sia che esso sia negativa (e in tal caso le
condizioni patrimoniali nette decrementeranno).
Che cosa è il
bilancio di esercizio?
Il
bilancio di esercizio è, ad un primo impatto, un documento
formale, redatto obbligatoriamente perché prescritto dalla
legge, al fine di esporre la situazione reddituale, patrimoniale e
finanziaria di un'impresa.
Ma
una definizione siffatta risulterà essere indiscutibilmente
riduttiva: infatti un bilancio è molto di più. Si
tratta di un atto di
conoscenza critica del
divenire aziendale in un dato intervallo di tempo. E questo non
avviene semplicemente perché la legge così prescrive,
bensì perché chi ha il compito di amministrare
un'azienda e chiunque abbia con essa a che fare deve avere gli
strumenti idonei per compiere delle scelte in coscienza.
Come
un quadro è molto più della tela che lo contiene, così
il bilancio è molto più del mero documento formale,
ovvero il cosiddetto fascicolo di bilancio. Infatti nessuno, se non
chi si trova all'interno dell'azienda, potrebbe mai produrre un
simile atto di conoscenza critica senza esservi immerso, al fine di
giudicare in che modo si sviluppi il divenire dell'impresa. E solo in
questo modo, solo con questa "immersione", con questo atto
di conoscenza risulta possibile mettere su carta il bilancio di
esercizio nelle sue diverse strutture. Infatti il bilancio di
esercizio nasce con determinati metodi e dà vita a determinate
strutture che contribuiscono a dare una conoscenza quanto più
possibile realistica della successione di avvenimenti che hanno avuto
luogo in quell'"astrazione" che abbiamo definito "periodo
amministrativo".
Ma
definiamo, in poche parole, quali sono le strutture che compongono il
bilancio di esercizio:
conto economico:
si tratta della sintesi che riassume la genesi quali-quantitativa
dei valori reddituali del periodo amministrativo;
stato
patrimoniale: si tratta
della sintesi che riassume la composizione quali-quantitativa del
capitale di funzionamento nel momento in cui si considera terminato
il periodo amministrativo considerato;
rendiconto
finanziario: si tratta
del documento in cui si mostrano quali flussi finanziari abbiano
avuto luogo nel periodo amministrativo considerato.
In
queste tre definizioni si può ricavare l'oggetto precipuo del
bilancio di esercizio, ovvero il tipo di conoscenza che esso deve
fornire.
"Criticità"
del bilancio
Abbiamo
definito il bilancio come un atto di conoscenza critica.
In effetti, si vedrà successivamente, il bilancio non è
sempre esatto, anzi, nella maggior parte dei casi esso non lo è
affatto. Esistono sicuramente avvenimenti certi, ben quantificati,
sui quali è possibile esprimere riscontri assoluti. Tuttavia
non bisogna dimenticare che il bilancio nasce dalla "finzione"
del periodo amministrativo e dunque è possibile che vi siano
avvenimenti che abbiano una probabilità di verificarsi più
o meno concreta. Può avvenire che un fatto sia certo, ma che
non vi sia la possibilità di sapere quando e in che quantità
esso accadrà, e addirittura può avvenire che non si
sappia nessuno se un avvenimento si verificherà poi.
Il
bilancio deve considerare anche queste eventualità per dare
un'idea quanto più possibile tangente alla realtà, e
per questo entrano in campo delle ipotesi. Il redattore del bilancio
deve effettuare delle stime e delle congetture su tali avvenimenti, e
dare loro concreta espressione all'interno del bilancio. Questo non
vuol dire che il bilancio diventi inattendibile o addirittura falso:
anche in questo caso esistono dei principi fondamentali che il
redattore deve seguire per dare concreta espressione di tali ipotesi.
Tuttavia, anche in presenza di questi principi, la soggettività
del redattore del bilancio non è messa in discussione, e
appare anzi ineliminabile nel momento della redazione: ecco perché
il redattore deve esprimere giudizi critici al fine di esprimere dati
che, seppur non veri, siano perlomeno veritieri, in modo da fornire
un quadro fedele della realtà aziendale.
Non
bisogna, tuttavia, dimenticare che la soggettività rientra
all'interno di ben determinati "paletti": appare
impensabile lasciare al redattore libertà assoluta, ed è
per questo che vi sono determinati postulati e principi da seguire
nel momento in cui devono essere espressi tali giudizi critici.
Ma
è proprio necessario formulare tali ipotesi? La risposta è
"certamente sì". Non dimentichiamo che nella realtà
non esiste interruzione nel flusso dell'attività dell'impresa
e pertanto le informazioni ipotizzate nell'atto della redazione, ad
esempio, potrebbero avere trovato concreta realizzazione nel momento
della pubblicazione, oppure trovarla a poca distanza. In questo modo
il bilancio, per quanto non più oggettivamente vero, risulta
dare informazioni molto più utili di quanto potrebbe fare un
bilancio che si limiti ai dati oggettivi. Ed è in fondo questo
uno degli scopi di questo documento.
Il
sistema dei valori
All'interno
del bilancio trovano espressione due tipi di valori. Uno si riferisce
agli scambi monetari, l'altro al sistema delle quantità
economiche.
Scambio
monetario
Potrà
sembrare alquanto strano, ma lo scambio monetario può essere
sia numerario che non numerario. Spieghiamo meglio:
Può
quindi avvenire che:
l'azienda abbia un inflow di
condizioni produttive patrimoniali non numerarie a fronte di un
outflow di condizioni produttive patrimoniali numerarie (ovvero si
ha, ad esempio, un'uscita di moneta in cambio di merci, ovvero
l'azienda è in posizione di acquisto);
l'azienda
abbia un outflow di condizioni produttive patrimoniali non numerarie
a fronte di un inflow di condizioni produttive patrimoniali
numerarie (ovvero si ha, ad esempio, un'uscita di merci in cambio di
moneta, ovvero l'azienda è in posizione di vendita).
Questo
ciclo di scambio ha dei momenti specifici che identificano la loro
successione, e ve n'è uno di notevole importanza, definito
come momento moneta e
credito. In questo
momento, infatti, si assiste alla variazione simultanea delle
condizioni produttive patrimoniali numerarie e non numerarie. Questo
momento viene riconosciuto dal nostro redattore di bilancio in un
iter di tre fasi:
il nostro agente distingue fra
variazioni numerarie e non numerarie;
l'agente
trasforma tali variazioni in numeri, ovvero nella valuta di conto
(ad esempio l'euro: nel caso in cui avvenga uno scambio con valuta
non di conto, come il dollaro, l'agente provvederà alla
conversione in euro);
l'agente
rileva simultaneamente tali variazioni in base alla metodologia
della partita doppia.
Sistema delle quantità
economiche d'azienda
All'interno
di un'azienda avvengono movimenti continui, delle operazioni senza le
quali non vi potrebbe essere attività. Queste operazioni danno
vita a tutta una serie di gestioni, le quali convergono tutte verso
un unico fine, il soddisfacimento degli obiettivi economici
dell'impresa.
Chiameremo
tutto questo svolgersi di operazioni sistema
delle operazioni di gestione.
Queste
operazioni sono "rozzamente" suddivisibili in cinque
macroclassi:
procacciamento delle risorse
finanziarie;
acquisizione
dei fattori per la produzione;
attività
di trasformazione dei fattori per la produzione;
vendita
dei beni prodotti e/o dismissione dei fattori produttivi;
remunerazione
e/o rimborso delle risorse finanziarie procacciate al punto 1.
Notiamo
immediatamente che le macroclassi 1,
2,
4
e 5
comportano l'agire con entità diverse dall'azienda, mentre la
macroclasse 3
contiene attività che si svolgono tutte all'interno
dell'azienda. Pertanto, stabilire i flussi di 1,
2,
4
ed 5
risulta essere assai più semplice che in 3:
infatti nel primo gruppo di macroclassi avviene uno scambio monetario
facilmente quantificabile, mentre nel secondo ciò non accade.
Dunque le prime quattro macroclassi trovano immediatamente
espressione i valori numerari e non numerari, a differenza della
macroclasse sub 3,
e pertanto le prime quattro hanno un carattere di oggettività.
Tale carattere di oggettività, tuttavia, non è sempre
valido: può accadere, infatti che ci sia un certo bisogno di
conoscenza di accadimenti che travalicano il periodo amministrativo
di cui stiamo per redigere un bilancio, e dunque deve essere inserito
nel nostro lavoro un certo sistema di discrezionalità e
soggettività. Ed è per questa esigenza di conoscenza
completa che interverranno nel nostro lavoro anche le stime e le
congetture. Ne consegue che il nostro lavoro non avrà
carattere assoluto, e per questo il nostro sistema di conoscenza può
essere definito come sistema
dei valori in unità economica relativa,
ovvero che i valori attengono solo ad una frazione temporale del
tempo aziendale che è invece continuo e non frazionabile.
Fondamenti
dell'accounting
Ritorniamo
all'inizio della nostra lezione. Abbiamo detto che il bilancio
d'esercizio considera due macrosistemi, il capitale di funzionamento
e il reddito d'esercizio. Scendiamo nel dettaglio e definiamo meglio
queste due componenti.
Il capitale di funzionamento è
quell'insieme di valori che al termine di un periodo amministrativo
è rappresentato:
da
valori numerari e non numerari delle condizioni patrimoniali
passive e nette, cioè le condizioni che finanziano il nostro
lavoro, ovverosia:
il
capitale preso a prestito (passivo);
il
capitale fornito dai soci oppure dalla gestione (patrimonio
netto, capitale netto
o capitale proprio);
da
valori numerari e non numerari delle condizioni patrimoniali
attive, cioè le condizioni che ricaviamo quando impieghiamo
i finanziamenti ricevuti di cui al punto precedente (attività,
impieghi di capitale o
capitale investito);
Il
reddito di esercizio è, invece, l'incremento o il decremento
del patrimonio netto che si è ottenuto al termine del periodo
amministrativo considerato, in seguito alle variazioni d'esercizio
che si sono avute nel periodo amministrativo, in cui abbiamo
assistito all'entrata di condizioni produttive e all'uscita di beni
prodotti. Il reddito d'esercizio può essere vista come una
tavola in cui valori antitetici (i componenti
positivi e negativi di reddito)
vengono comparati.
Riprendiamo
la relazione duale bilanciante considerata all'inizio della lezione:
patrimonio
netto = attività - passività
Scriviamo
in equazioni quanto abbiamo detto in questo paragrafo. Per quanto
concerne il capitale di funzionamento, poniamo che:
CI
sia il capitale impiegato al termine del periodo amministrativo;
MT
sia il capitale preso a prestito (mezzi di terzi) al termine del
periodo amministrativo;
N1
sia il patrimonio netto (capitale di rischio) al termine del periodo
amministrativo.
Possiamo
scrivere:
N1
= CI - MT
o
anche:
CI
= MT + N1
Per
quanto concerne il reddito d'esercizio, che indichiamo R1,
invece, poniamo che:
Possiamo
scrivere:
+
CPR - CNR = R1
Ma
noi abbiamo detto che R1
rappresenta la variazione del patrimonio netto fra la fine e l'inizio
del periodo amministrativo considerato, e cioè, posto N0
come patrimonio netto all'inizio del periodo, avremo:
N1
= N0
+ R1
ovvero:
N1
= N0
+ CPR - CNR
Sostituendo
N1
nella seconda equazione espressa in questo paragrafo, avremo la
cosiddetta equazione di
sintesi del sistema di valori di esercizio,
ovverosia:
CI
= MT + N0
+ CPR - CNR
Ecco
perché il sistema di bilancio, pur essendo diviso in più
sottosistemi, risulta essere uno e unitario: grazie all'ultima
equazione, infatti, tutti i sottosistemi convergono nell'unico grande
sistema.
I
sottosistemi in dettaglio
Abbiamo
suddiviso i valori in numerari e non numerari, e abbiamo spiegato
questo cosa significhi. Ma questi valori come vengono inseriti nelle
tavole che compongono il bilancio?
Cominciamo
con il considerare il sottosistema delle condizioni patrimoniali
attive. Al suo interno ritroveremo sia valori numerari che non
numerari, in particolare:
valori numerari attivi, ovvero la
quantità di moneta a disposizione o che verrà a
disposizione della gestione in futuro;
valori
non numerari "accesi agli investimenti", cioè
quelle risorse patrimoniali di cui l'attività dell'impresa
potrà beneficiare in futuro;
valori
non numerari dei "crediti di finanziamento", cioè
quelle risorse che si sono temporaneamente prestate a terzi
solitamente a titolo oneroso, e che in futuro dovranno rientrare.
Per
quanto riguarda il sottosistema delle condizioni patrimoniali
passive, ritroveremo anche qui sia valori numerari che non numerari,
ovvero:
valori numerari passivi, ovvero la
quantità di moneta che, pur essendo adesso a disposizione,
non lo sarà in futuro;
valori
non numerari dei "debiti di finanziamenti", cioè
quelle risorse che si sono state temporaneamente prestate da terzi
solitamente a titolo oneroso, e che in futuro dovranno uscire.
Considerando
il sistema del patrimonio netto, avremo solo valori non numerari,
cioè:
valori non numerari del "capitale
risparmio", ovvero il capitale messo a disposizione dei soci;
valori
non numerari del capitale proprio autogenerato, vale a dire il
capitale che è stato accantonato da utili di esercizi
precedenti e non distribuito ai soci;
il
valore non numerario che scaturisce dal reddito d'esercizio del
periodo amministrativo considerato.
Il principio
fondamentale di competenza economica
Come
si può notare, il calcolo del reddito d'esercizio è un
passo fondamentale se vogliamo dare un'informazione corretta dello
stato in cui versa la nostra azienda: un calcolo errato del reddito
d'esercizio (oltre ad avere conseguenze a livello giuridico) può
riversarsi inevitabilmente sia sui rapporti con i terzi che il nostro
bilancio leggeranno, sia sulle decisioni che il management dovrà
assumere, senza considerare che un calcolo errato compiuto in un
esercizio
precedente,
se non corretto tempestivamente, si riverserà automaticamente
sugli esercizi successivi.
Considerare
il ciclo di vita di alcune operazioni della vita dell'azienda può
essere abbastanza facile: basti considerare quelle operazioni che
iniziano e finiscono all'interno del periodo amministrativo, sulle
quali non ci sono particolari difficoltà. Ben diverso sono le
operazioni che si svolgono oltre i confini del periodo amministrativo
considerato, ma per due o anche più periodi successivi. Al
fine di giudicare correttamente questo tipo di operazioni, che non
sono una rarità dato il continuum temporale in cui si trova
l'azienda e che è fuori dalla finzione del periodo
amministrativo, ritroviamo un principio fondamentale dell'accounting.
Ci riferiamo al principio
di competenza economica,
che costringe chi dovrà occuparsi del bilancio a valutare
quanto determinati valori dovranno gravare su un determinato periodo
amministrativo, in che quota, e per quanto negli esercizi successivi.
Questo
principio ci impone di considerare quanto una determinata operazione
dovrà gravare sul periodo amministrativo in corso e quanto sui
prossimi. Facciamo un esempio: acquistiamo un impianto dal costo di
10 000 euro nel corso dell'esercizio X, e programmiamo di utilizzare
questo impianto per cinque esercizi (X, X+1, X+2, X+3, X+4). Il
costo, a termini di bilancio, non ricade tutto sull'esercizio X:
questo non rispetterebbe il principio di competenza economica, in
quanto il nostro impianto non sarà utilizzato solo
nell'esercizio X. Dunque provvederemo ad effettuare una suddivisione
di questa spesa su cinque esercizi, pertanto sull'esercizio X graverà
solo il costo di 2 000 euro, e così anche per gli esercizi
successivi.
Si
badi bene: la competenza economica appena espressa non coincide con
la competenza monetaria. L'esborso di 10 000 euro, per l'acquisto
dell'impianto, può avvenire tutto nell'esercizio X; in altre
parole, dalla nostra cassa escono 10 000 euro nel corso
dell'esercizio X e 0 negli esercizi successivi. Dunque la competenza
economica non coincide con la competenza monetaria.
Valori di bilancio per
natura e per oggettività
Abbiamo
dunque visto che, assieme a valori certi, esistono anche valori
stimati e congetturati, che scaturiscono dall'applicazione del
principio di cui al paragrafo precedente. Dunque i valori di bilancio
possono essere distinti per oggettività (certi, stimati e
congetturati) e per natura (numerari e non numerari). Vediamo in
dettaglio.
Classificazione per
oggettività
Abbiamo
detto che i valori di bilancio possono essere, in base ad una
classificazione per oggettività, certi,
stimati
e congetturati:
i valori
certi sono quantità
economiche, ovvero hanno
carattere di oggettività assoluta e attengono ad operazioni
di scambio monetario. I valori certi, pertanto, possono essere sia
numerari che non numerari;
i
valori stimati
esprimono degli scambi monetari che solo in futuro diventeranno
perfettamente oggettivabili. Non si conosce di quanto sarà il
loro ammontare (che noi provvederemo a stimare, appunto), ma solo
che si presenteranno in futuro. Anche i valori stimati possono
essere sia numerari che non numerari, ma nel caso dei valori
numerari può esservi una ulteriore distinzione fra valori
numerari assimilati
(quando ad esempio tali valori sono direttamente esprimibili in
moneta di conto) e in valori
numerari presunti
(quando ad esempio tali valori sono inizialmente espressi in moneta
non di conto, e che pertanto, nel momento in cui diverranno quantità
economiche, saranno legati anche ad una conversione in moneta di
conto di cui non conosciamo ancora il rapporto);
i
valori congetturati
sono valori, potremmo dire, astratti: non sappiamo in che quantità
si verificheranno, e neppure se si verificheranno. Il redattore del
bilancio valuterà la possibilità che un determinato
fatto avvenga e deciderà di costruire astrattamente questi
valori: in questo caso, dunque, i valori scaturiscono da una
ipotesi-finzione. I valori congetturati possono essere soltanto non
numerari.
Classificazione per
natura
Abbiamo
detto che i valori di bilancio possono essere, in base ad una
classificazione per natura, numerari
e non numerari:
i valori
numerari sono valori che
esprimono condizioni produttive monetarie, che possono essere
variazioni immediate o differite nel tempo. In base a quanto detto
sopra, essi possono essere distinti in:
valori
numerari certi, ovvero
le quantità monetarie oggettive;
valori
numerari assimilati;
valori
numerari presunti.
per
quanti riguarda i valori non numerari, la cosa si fa più
articolata. Si tratta di condizioni produttive non numerarie di cui
si avvale la gestione
I
valori di bilancio devono sempre essere valutati e classificati sia
per natura sia per oggettività. Si ricordi che, in ogni caso,
alle stime e alle congetture si deve ricorrere se e solo se non vi
sono quantità economiche certe. Un'ulteriore distinzione va
tuttavia espressa: i valori di bilancio possono essere valori
reddituali (che sono tutti non numerari) quando attengono al
sottosistema del reddito, oppure valori patrimoniali (numerari e non
numerari) quando attengono al sottosistema del patrimonio.
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